L’esposizione “La pittura è cosa mortale” – dell’artista italiano Nicola Samorì – è la più vasta ed esaustiva mostra di pittura tenuta dall’artista in Italia e comprende quarantacinque lavori realizzati dal 2008 al 2014.
Ospitata nei suggestivi interrati palladiani di Palazzo Chiericati a Vicenza, l’esposizione si sviluppa in otto stanze in cui si alternano dipinti monumentali a quadri di piccolissime dimensioni, oli su rame, lino e legno che si misurano con i generi della cultura occidentale riscrivendo e scuotendo quelle forme stabili che si possono ammirare ai piani superiori del Museo. L’architettura disegna così un ingresso fisico e mentale nelle viscere dell’arte.

Il progetto, patrocinato da Comune e Provincia di Vicenza, è sostenuto dalla Fondazione Vignato per l’Arte in collaborazione con AmC – Collezione Coppola e Galleria Mazzoli di Modena, che hanno lavorato con l’artista per dare forma a un percorso espositivo che permetterà al visitatore di apprezzare la forza e la profondità di una pittura che Achille Bonito Oliva, nel testo contenuto nel catalogo della mostra, definisce tesa a palesare la verità attraverso la capacità di svelare coprendo: l’artista utilizza “la pittura come procedura per fondare una difficoltà del vedere. Una sovrapposizione di piani, segni, immagine e colore che produce una particolare esperienza dello sguardo. Lo sguardo, infatti, assume la decisione filosofica di indicarci il rapporto problematico dell’uomo nei confronti della realtà circostante.”

Di fronte all’opera di Samorì, l’osservatore non potrà che trovarsi sedotto e messo in scacco, costretto a sospendere la spontanea fascinazione nei confronti della sua pittura per deviare lo sguardo verso un percorso che spezza la superficie dell’immagine. pubblicato un catalogo bilingue, distribuito gratuitamente a ogni visitatore, che contiene, oltre al saggio di Achille Bonito Oliva, un apparato didascalico curato da Alberto Zanchetta, direttore artistico del Museo d’Arte Contemporanea di Lissone e, in seconda edizione, presenterà anche un testo di Adam Budak, direttore artistico dell’Hirshhorn Museum & Sculpture Garden di Washington.

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