Non accade spesso che un’opera nata come temporanea riesca a superare i limitati confini della propria esistenza, ma ancora più raro è che questa si dimostri capace di creare una nuova e ancora più pregnante armonia con l’ambiente destinato ad accoglierla definitivamente. Il grande dipinto su tavole del vicentino Emilio Farina ha testimoniato di essere dotato di questa energia, sopravvivendo eccellentemente al suo smontaggio per rinascere nella sua definitiva sede montana a Sasseta.
L’opera è stata quindi protagonista di due progetti straordinari, tappe di un vero e proprio laboratorio pilota di arte contemporanea voluto con determinazione dai suoi committenti, Diocesi di Prato, Soprintendenza ai Beni Architettonici e Provincia di Prato. Con il primo progetto si è creato il fondale impostato sull’intera arcata della Cappella Maggiore della Cattedrale di Santo Stefano a Prato, con il secondo si è arricchita la semplice ampiezza dell’abside della moderna chiesa di San Michele.
Nella nuova collocazione il grande dipinto del Cristo Bianco, realizzato da Emilio Farina con terre colorate su tavole, abbraccia e pare colmare lo spazio absidale della parrocchia con lo slancio verticale impresso alla parete continua di assi lignee intervallate da suggestive lame di luce, le fughe di montaggio, poste a semicerchio.
L’allestimento presenta un’inedita ed ancora più distillata lettura artistica della Passione di Cristo, in cui tutto concorre a enfatizzare il potente fulcro emotivo e spaziale rappresentato dall’altare. Come afferma don Giuseppe Billi, presidente della Commissione diocesana d’arte sacra, nell’introduzione all’opuscolo sull’opera, “Il Cristo Bianco di Emilio Farina non è solo l’acquisizione storica di un’opera di importante e trascinante significato nell’arte sacra, ma anche signum ed exemplum per ricostituire punti nodali di riferimento religioso nel nostro nuovo e complicato nomadismo culturale e spirituale”.