Nasce a Bassano del Grappa nel 1956. Vive e lavora a Tezze sul Brenta (VI).
“Daily Film” è il nuovo percorso fotografico proposto dall’affermato artista veneto Silvano Tessarollo. Attraverso una selezione composta da 15 lavori, la Galleria Arturarte presenta le forme inconfondibili e singolari delle creature argute ideate dall’artista, regista multimediale di scene che scritturano figure-giocattolo protagoniste di un ambiente fantastico molto pi√π vicino al nostro di quanto non sembri…
No, Tessarollo non inventa balocchi. Sono, i suoi, procedimenti visivi affini alle montature sulle quali poggia il traffico lecito e asfissiante della comunicazione, i cui meccanismi confezionano nonluoghi e nonpersone che giocano tra loro camuffando il ceto terminale d’appartenenza da esilarante intrattenimento aperto a tutti. Sono, queste opere, “looney tunes” sincronizzati sugli atteggiamenti della società attuale, storie morbide che – calzando il modello di un dissacrante cartoon educativo – assecondano la voglia di scherzare (e di mentire) dell’uomo e dell’arte, per sputtanarne le norme.
Perché nel gioco, si sa, ogni slealtà è lecita e concessa, se si vuol vincere.
Perché nel gioco, si sa, si può dar corso a imbrogli astuti che dirottano i pareri per conquistarsi la puntata.
Perchè il gioco, si sappia o meno, può essere capace di inscenare senza rimbalzi legali ogni sfida, contesa e disputa che si voglia lanciare contro l’inquietudine e il disagio messi al mondo da quelli che si prendono sul serio.
Tessarollo non fa altro che attenersi alla carenza di organismi adulti di cui soffrono le carni umane sviluppate e cresciute, quelle che imperterrite continuano a bluffare.
Per prevenire un ulteriore, irrecuperabile capovolgimento delle proporzioni tra vero e falso, prima che la competizione tra i due arrivi a includere tra le sorprese infilate in qualche ovulo dolce un gingillo componibile e ingeribile che si sta impiccando o tagliando la gola riversando il proprio sangue su stickers microscopici, è meglio rassegnarsi alla realtà crudele degli spettacoli strategici che ci assediano?
Oppure sistemarsi tra i colori e i momenti spassosi di un’amabilità parallela che decide di non dire cazzate?