Senza titolo, 1959, disegno a china, 70x50

Più noto come TONO ha sempre festeggiato il suo compleanno l’8 aprile, anche se sul certificato di nascita compare la data del 9 aprile. In realtà pare sia realmente venuto alla luce il 6 aprile 1906, da Colomba Zampiron e Natale, quinto di sei figli.
Nasce a Padova in via Francesco Baracca nella casa che, con alcune modifiche, abita poi fino alla morte.
La famiglia Zancanaro era relativamente benestante – il padre meccanico agricolo e discreto inventore – politicamente molto conservatrice, chiusa come un clan, come la maggior parte delle famiglie contadine dell’epoca.
Frequenta le scuole fino al Ginnasio, che lascia per passare alla scuola di Avviamento Commerciale, e nel 1926 è chiamato a compiere il servizio di leva a Torino nel Genio Ferrovieri. Proprio a Torino inizia a frequentare i musei, su stimolo del padre con cui ha una fitta corrispondenza, abitudine che poi lo accompagnerà per tutta la vita.
Nel frattempo ha svolto e svolge varie attività sportive: era stato col fratello Cesare 1923 nei ragazzi dell’AC Padova e poi negli Allievi. Come terzino Tono milita poi nell’Adria, è anche ottimo marciatore, e più tardi, portiere della squadra di hockey a rotelle.
Dopo il servizio militare, dal 1929 per qualche tempo lavora come impiegato di banca, lavoro che detesta, ma nell’ambiente bancario fa i primi importanti incontri con personaggi, come i fratelli Deschi, che lo indirizzano verso la lettura.
In questo periodo inizia anche a viaggiare molto, recandosi spesso a Firenze a trovare la sorella Ines, ed a visitare musei.
Nel 1930 frequenta corsi serali presso l’Istituto d’Arte Pietro Selvatico di Padova, durante i viaggi a Firenze disegna per divertire il nipotino Renzo, e proprio Renzo Bussotti, che non riesce a chiamarlo Tonin come fanno in casa, lo battezza Tono, nome che resterà poi per sempre.
Dopo il fallimento della banca nel 1932, Tono fa lavori saltuari, ma il suo interesse tende ormai verso la pittura, e nel 1935 viene introdotto dal critico Mario Tinti nello studio fiorentino di Ottone Rosai, che Tono subito riconobbe come Maestro, e da cui dichiarà sempre di aver avuto :”… la prima e unica, fondamentale lezione sulla natura dell’arte. Non fra i maestri, ma il mio maestro. Da Rosai ho imparato che l’arte è qualcosa che devi lavorare tanto e che, nella misura in cui lavori, riesci a fare”.
In Rosai Tono ritrova il suo stesso interesse per l’umanità soprattutto per gli emarginati ed i diseredati, e cura l’uso del carboncino, mezzo tecnico più adatto per rendere la drammaticità delle situazioni rappresentate.
Nello studio del Maestro Tono ritorna per alcuni anni più volte al mese, a mostrare i progressi del suo impegno, ormai esclusivo.
Nel 1935 Tono conosce Olga, cassiera di bar, cui dedicherà molti lavori, suo primo vero ciclo dedicato ad un soggetto. La data dell’incontro è il 7 giugno (7 del 6), e per molti anni su tutti i lavori compare la fatidica sigla 76 prima della firma. La sigla scompare alla fine degli anni quaranta, e Tono non parlà mai dell’argomento, preferendo non rispondere alle domande che al riguardo gli sono poste.
Conosce e frequenta con assiduità personaggi del mondo universitario e della cultura, che lo indirizzeranno verso studi più seri in campo artistico, particolarmente importante è l’amicizia con il medico Giorgio Rubinato, che lascerà un’impronta come pochi altri nella vita di Tono.
Altre importanti amicizie sono quelle con Eugenio Curiel, Ettore Luccini, Atto Braun, Guido Goldschmied.
In questi anni si plasma la coscienza politica di Tono Zancanaro, che si allontana dalla famiglia e dall’ambiente profondamente clericale in cui era immersa la madre, per andare verso i partiti di sinistra, e nel 1942 si iscrive al Partito Comunista Italiano.
Nel 1937, dopo aver partecipato ad alcune esposizioni collettive e qualche mostra personale, Tono tiene la sua prima importante rassegna personale nel Palazzo dell’Economia di Padova: presenta addirittura duecentoquarantaquattro opere, dimostrando fin da allora la sua necessità, poi sempre riaffermata, di far vedere sempre quanto più possibile della sua produzione.
La mostra è presentata da un scritto di Ottone Rosai, che parla anche all’inaugurazione, e recensita con interesse anche da Carlo Carrà.
La frequentazione assidua dell’ambiente universitario padovano e degli antifascisti legati a Curiel, Luccini e Atto Braun, fa nascere nella mente di Tono un ciclo di disegni contro il regime che prenderà il nome di GIBBO, il primo lavoro porta la data del 1937 ed è dedicato proprio ad Ettore Luccini, questo ciclo di lavori termina bruscamente con la morte di Mussolini a Piazzale Loreto. Nel 1938 Tono compie il suo primo viaggio in Sicilia, terra che lo affascinò subito, e cui resterà poi legato per sempre, tornando ogni anno per diverse volte.
Viene richiamato per qualche mese, nel 1939, alle armi nel Genio Ferrovieri vicino Bologna, realizza una serie di studi dei militari e dei richiamati, che sarà pubblicata alcuni anni dopo la sua morte.
La prima incisione all’acquaforte, scoprendo una tecnica che lo affascinò per tutta la vita, è realizzata nel 1941. Nel 1942 conosce Francesco Loperfido e a Milano frequenta Ernesto Treccani. La sua trasformazione politica è ormai completa.
Partecipa alla Quadriennale d’Arte di Roma del 1943 con una sala personale. Conosce fra gli altri Mino Maccari, Renato Guttuso, Alberto Moravia, Elsa Morante, Carlo Levi, tutte persone con cui manterrà sempre rapporti.
Negli anni quaranta inizia a viaggiare all’estero, con frequenti soggiorni a Parigi ospite di parenti ed a volte di Leonor Fini.
Completa il ciclo del GIBBO, e inizia quello intenso dei DEMOPRETONI, serie di oltre 1300 fogli violentemente anticlericali ed antisocialisti, rimasti quasi sconosciuti fino ad oggi proprio a causa del loro contenuto. A questo segue il delicato e poetico ciclo dedicato alla LEVANA, rappresentazione ideale di persona reale, da cui discendono poi tutti i cicli e le figure femminili di Tono: dalle Selinuntee alle Maselinuntee, dalle Circi alle Brunalbe e Brunanotte, dalle Enrichee alle Imere, dalle Aelle alle Leopardiane, dalle Poppee alle Foscariane.
Nel 1949 muore il padre di un colpo apoplettico, e Tono realizza una serie di disegni sul letto di morte, lavori che poi nasconderà.
Continua a viaggiare per l’Europa e realizza mostre anche all’estero, fra cui una nella Hugo Gallery di New York. In Italia nei primi anni ’50 scopre il mondo delle mondine, cui dedica decine di lavori, e la realtà sociale del basso Polesine e di Comacchio: durante l’alluvione dell’inverno 1951-52 è sull’argine del Po’ a disegnare i campi allagati.
Vince il primo premio per l’incisione alla Biennale d’Arte di Venezia del 1952, le sue mostre si moltiplicano in tutta Italia, ne tiene decine all’anno, ed a tutte partecipa personalmente perché gli interessa il contatto con la gente.
Alla rassegna Tassesca di Ferrara del 1954 vince il I° premio per le illustrazioni della “Gerusalemme Liberata”. Durante i suoi frequenti viaggi in Sicilia scopre il paese di Capo d’Orlando, cui si lega indissolubilmente, diventandone poi anche cittadino onorario. Durante questi viaggi frequenta i più importanti musei e siti archeologici, cui dedica molti lavori, in particolar modo a Selinunte, e conosce, stringendo con essi viva amicizia, molti personaggi dell’isola: da Antonino Uccello a Leonardo Sciascia, da Vincenzo Tusa ad Elvira ed Enzo Sellerio, da Giuseppe Quatriglio a Ignazio Buttitta.
A Capo d’Orlando, dove compera ai numerosi carusi che lo seguono nei suoi spostamenti locali un gelato prima da 10 e poi da 20 lire, conosce Cono Nuzzo, che lo colpisce per la bellezza ermafrodita, e fa nascere il ciclo dei CARUSI, centinaia di fogli dove il concetto di bello di Tono viene ampiamente dispiegato: la bellezza non è maschio o femmina, ma appartiene a quell’età in cui i bambini non sono ancora ragazzi, e quindi hanno la dolcezza nei movimenti tipica delle donne, e le bambine non sono ancora fanciulle, per cui sono lievemente spigolose nelle loro movenze. La bellezza appartiene ad una brevissimo periodo della vita, ed è appunto ermafrodita.
Dal maggio al luglio del 1956 è in Cina, invitato per un soggiorno di studio assieme ad Agenore Fabbri, Antonietta Raphael Mafai, Aligi Sassu, Ampelio Tettamanti, Giulio Turcato.
L’esperienza cinese si rivela fondamentale per l’evolversi dell’arte di Tono Zancanaro, lasciando profonde tracce nel suo modo di esprimersi fino alla fine della sua vita.
Continua a viaggiare ed a fare mostre ovunque sia possibile, sempre alla ricerca di un contatto umano nuovo e stimolante.
Nel 1952 scopre la ceramica e la terracotta, iniziando un nuovo proficuo filone espressivo, e si reca a studiare le tecniche relative nei luoghi d’elezione: da Sciacca a Rosenthal, soprattutto nei musei, in primo luogo Spina ed Este, studiando l’arte vascolare greca.
Per l’editore Canesi nel 1958 illustra “Bertoldo e Bertoldino” di G.C. Croce , e nel 1959 ottiene il Premio della Provincia di Roma assegnato alla grafica alla Quadriennale.
Viaggia molto in Lucania, soprattutto va a Matera ed a Poli coro, dove frequenta Luigi Guerrichio e Tonino Cortese.
Nei primi anni sessanta, dopo un disturbo di alcuni mesi dovuto al “fuoco di Sant’Antonio” (Herpes Zooster), va spesso in Romagna, ed a Cesenatico conosce Dario Fo e Franca Rame, e Brunalba, donna cui dedica un lungo ciclo di disegni dal titolo BRUNALBA e BRUNANOTTE, e sempre a Cesenatico nasce poi il ciclo delle ROSAMUNDE, opere anche in terracotta studiate a pi√π riprese da Marcello Venturoli.
Nel 1964 l’editore Neri Pozza pubblica la prima monografia sul GIBBO, con un testo di Raffaele De Grada, e Tono si dedica, su sollecitazione di Carlo Ludovico Ragghianti, ad illustrare la Divina Commedia per conto dell’editore Laterza di Bari.
Nel febbraio del 1965 si uccide l’amico fraterno Giorgio Rubinato, per molti anni guida e stimolo di Tono, e il 7 marzo dello stesso anno muore anche la madre Colomba Zampiron.
A seguito di questi eventi il suo viaggiare aumenta ancora di più, diventando quasi un’ossessione: è moto di frequente a Roma, dove rafforza i legami con il pittore Gianpaolo Berto e dove sviluppa una serie di disegni sulla capitale, particolarmente su Piazza Navona, che finiranno con la sua morte.
Viaggi in Albania, Unione Sovietica, Francia si alternano a lunghi giri in Italia, spesso in Sicilia, in Lucania. Nel 1967 si aggiunge la Val d’Elsa in Toscana dove partecipa a Certaldo ad un “Omaggio a Boccaccio”: da allora Certaldo e Vico d’Elsa saranno sempre presenti, con i suoi paesaggi e la sua gente, nei peregrinari di Tono.
Inizia a frequentare in questi anni la stamperia litografica di Ottorino Busato a Vicenza, con cui inizia un lungo sodalizio, che continuerà alla morte di Ottorino con il figlio Giuliano e porta alla nascita di uno dei momenti artisticamente più importanti di Tono, cioè la realizzazione di alcune migliaia di lastre litografiche. Durante i suoi viaggi in Romagna conosce il mosaicista Romolo Papa, ed inizia con lui una proficua collaborazione che porta alla nascita di decine di mosaici a tecnica ravennate.
Nel 1969 si reca in Sardegna, realizza una mostra presso la facoltà di Lettere dell’Università di Cagliari e scopre l’isola, cui dedica alcune opere, stringe amicizia con Alberto Limentani e Caterina Viridis. Ottiene la cattedra di incisione presso l’Accademia di Belle Arti di Ravenna, che tiene fino dal 1970 al 1977, e questo porterà oltre che ad un maggiore legame con la Romagna soprattutto un maggior collegamento con Romolo Papa e l’Accademia del Mosaico, con cui collabora intensamente.
Sempre negli anni settanta inizia una proficua collaborazione con il nipote Sylvano Bussotti, musicista – musicologo – regista teatrale – scenografo, per il quale realizzerà scene e costumi di diverse opere.
Il 17 dicembre 1972 si inaugura al Palazzo dei Diamanti di Ferrara la prima vera mostra antologica dell’opera di Tono Zancanaro.
La folla di intellettuali, uomini politici, poeti, e soprattutto di gente comune accorsa da ogni parte d’Italia a salutare il compagno e l’amico Tono, è davvero impressionante, al di là di ogni aspettativa. Anche il riscontro sulla stampa è notevole, a conferma del fatto che la notorietà di Tono Zancanaro è ormai consolidata ai più diversi livelli. La curata monografia riassume i quarant’anni di ricerca e di attività pittorica e grafica di Tono.
A questa prima, fondamentale, mostra antologica fecero seguito in breve tempo molte altre importanti esposizioni, come quella nel 1974 presso la Civica Galleria d’Arte contemporanea di Palermo; nel 1976 l’antologica a cura del comune di Giulianova; nel 1977 presso il Palazzo Pretorio di Certaldo; nel 1978 la grandiosa antologica, con oltre 1200 opere esposte, nel salone del Palazzo della Ragione a Padova; nel 1982 le antologiche a cura del comune di Capo d’Orlando e al Castello Sforzesco di Milano, per citarne solo alcune. Anche negli anni ’80 continua a lavorare ed a fare nuove esperienze tecniche: crea il ciclo delle LEOPARDIANE in seguito ad una mostra-omaggio a Giacomo Leopardi tenuta a Recanati, e si reca di frequente a Treviso presso la Cottoveneto per realizzare formelle incise, collabora con il calcografo Armando Martini di Thiene per studiare variazioni alle morsure delle lastre di ferro, e realizza alcune incisione a vari colori su più lastre.
Colpito da emiparesi destra, nel maggio del 1985 viene ricoverato presso l’ospedale di Padova, dove si spegne lentamente e muore alle ore 0,55 del 3 giugno.